CAPITOLAZIONI COL GRAN SULTANO DI COSTANTINOPOLI
Con il Breve pontificio che comincia con Cristianaæ, il 29 gennaio 1581 Gregorio XIII affidò all'Archiconfraternita del Gonfalone il compito di rendenzione degli schiavi dello Stato Pontificio, Deputò poi agli arcivescovi, vescovi, vicari e magistrati e altre distinte persone, di raccogliere a tale scopo le elemosine dalle popolazioni. Inoltre, con un'abile azione diplomatica riuscirono ad ottenere da Soltan Moratto Ottomano, Gran Sultano di Costantinopoli, il seguente salvacondotto:
Noi il gran Signore Soltan Moratto Ottomano concediamo libero e franco Salvacondotto alla Venerabile Archiconfraternita del Gonfalone della Città di Roma, e alle persone che da detta Compagnia saranno deputate ed elette Redentori dei schiavi cristiani che si trovano nelle terre e paesi sottoposti al nostro dominio acciò possano liberamente e senza impedimento alcuno andare stare e ritornare tanto nella nostra Città di Costantinopoli come di Algieri, Tunesi, Biserta, Susa,Tripoli, Fez, Tituano e suoi contadi e altri qualsivoglia luoghi e terre del nostro dominio, sì nell’ Europa come nell’Africa e Asia, e che sia loro permesso navigare per tutti li mari loro ben visti con navi, urche, galeoni, caravelle, sagetie, bavoni, galere, galeotte, fregate, falughe, e ogni altra sorta di vascelli sì cairi come latini, e andare per dette città e suoi contadi in qualsivoglia parte, e ivi liberamente trattare i suoi recatti con ogni sorta di persone.
Nel qual salvacondotto vogliamo che siano compresi non solo i sopradetti Redentori, e loro compagni, ministri e famiglia, ma eziandio i sopradetti vascelli insieme con le loro robe, mercanzie, vettovaglie con altre cose che vi si trovassero dentro. Dichiarando parimenti che detti vascelli tanto nell’andare come nel ritorno possano liberamente fare qualunque scalo sì nelli nostri porti e spiagge come in altri paesi dei cristiani tanto di terra ferma come delle isole, e sbarcare in essi e tornare a imbarcarsi per seguire il loro viaggio senza pericolo alcuno insino che detti cristiani ricattati sieno giunti nella sopradetta Città di Roma.
Comandando perciò al nostro Generale ed altri capitani e a qualsivoglia Rais corsaro tanto dei vascelli grandi come piccioli che incontrando detti Redentori e loro ufficiali e famiglia insieme con le sopradette persone e loro vascelli, robe, mercanzie, vettovaglie, e altre cose che si troveranno in detti vascelli li trattino amorevolmente, e osservino quanto di sopra si contiene, e insieme mantengano loro tutte le Capitolazioni, patti, privilegi, grazie, e condizioni poste nel salvacondotto concesso in Algieri alli Redentori della Città di Napoli usando loro ogni sorte di cortesia senza prendere alcuna roba, nè far loro nessun dispiacere sotto pena della nostra disgrazia, e di perdere la vita e i beni (21).
In seguito del Salvacondotto del Gran Sultano, fu rogato ai 22 di Agosto 1583 (22) un' Istromento tra la Ven. Archiconfraternita ed un cotale Aghì Mahemet mercante africano, che a que’ dì trovavasi in Roma; il quale per convenute somme di danaro si obbligava a far ricerca degli schiavi dello stato pontificio, e condurli liberi a Roma. Parimenti al primo di novenabre dell’anno seguente 1583 venne spedita la patente di Redentori dai Signori Girolamo di Avila, Paolo Mattei, Carlo de’ Massimi, e Ulisse Lancerini Guardiani del Gonfalone, al Reverendo P. Fra Pietro Piacentino Cappuccino, (23) e suo compagno [fra Filippo da Roccacontrada ndr.], al Reverendo Don Giovanni Sanno Sardo Decano di Ales, ed a Ludovico Giunti (o come si legge in altre carte Giugni, Giumi) laico Romano, ad effetto di portarsi per tale bisogna in Algeri (24).
Inoltre a rimuovere qualunque impedimento, che frappore si potesse a indugiare, ed in qualsivoglia modo sconciare cotesta opera salutare, nonché nelle terre turchesche di Europa e di Asia, ma in quelle eziandio di Africa, divisarono i Guardiani di ottenere, come di fatti l’ottennero ai 16 di gennaro 1587 un salvacondotto (25) da Mahemet Bascià Vice-Re e Luogotenente generale della città di Algeri e del suo distretto e giurisdizione, simile a quello ottenuto dal Gran Sultano di Costantinopoli. Anzi di più, mercè dello zelo di Monsignore d’ Apurias di Sardegna, che trovavasi in Algeri in qualità di Redentore del Gonfalone indussero il Vicerè alla seguente Capitolazione (26).
CAPITOLATIONI
Tra il Serenissimo Vice-Rè di Algieri et la Ven.
Archiconfraternila del Gonfalone di Roma, sopra gli schiavi quali sono nelle terre di Barbaria.
Prima, che la Ven. Arciconfraternità del Gonfalone di Roma possa mandare in Algieri et altre terre di Barbaria una due o più persone a riscattare schiavi quali non ? ...ssino nè debbano in mare nè in terra esser molestati presi o in altro modo oltraggiati et i vascelli siano di qualunque sorta si vogliano sopra quali sarà il Redentore o Redentori con il salvacondotto o duplicato siano sicuri franchi non possino esser presi nè in alcun modo molestati nè tampoco i passaggieri con le robbe loro marinari mercantie danari et altre cose che sarano sopra detti vascelli.
Item che gli Redentori siano tenuti pagare per li diritti del Bascià subito gionte qui le soe mercantie over danari contanti a ragione di sette per cento e questo per ogni dritto e ragione che potesse dimandare e presuppore detto Bascià senza che Elmiro nè nissuna altra persona possa dimandare nè pretendere altro dritto sopra dette robbe mercantie o danari di detti Redentori.
Item che pagato detto dritto per detti Redentori posciano liberamente riscattare senza impedimento nè disturbo nissuno e fatti li suoi riscatti all’uscita e porta de’ Cristiani habbiano da pagare solamente a ragione di cinque doble monete di Algieri per ogni persona che haveranno riscattato et imbarcato senza altro mediante le quali saranno detti Redentori e persone franche e libere da ogni altro dritto che le potesse presupporre e dimandare.
Item che per ogni mille scudi di mercantie o danari che detti Redentori porteranno o faranno portare e entrare saranno tenuti a pigliare dal Bascià un Christiano schiavo per il pretio di scudi cento senza che il Bascià debba dare schiavi di più a detti Redentori per modo nè ragione alcuna.
Item che detti Redentori non siano tenuti nè possano o debbano essere sforzati nè astretti a pigliare nè riscattare nissuno schiavo che sia nell’ Agà sua Ciaya e Divano de’ Giannizzari Galiffo Caya e Limin Cap. di mare nè altre persone o offitiale di qual sorte o conditione che sia anzi si lassi liberamente a fare li suoi riscatti a detti Redentori delle persone che al modo piacerà o parerà ad esse.
Item dappoi che lo schiavo sarà riscattato non possa il Bascià nè altra persona pigliarlo o ritenerlo ancorché paga il detto pretio nè manco per riscattare o scambiare con alcun turco che fosse in terre de christiani nè tampoco per lavorare o altro rispetto.
Item che li schiavi riscattati non siano tenuti mostrarsi nè al Bascià nè al Cadì nè altre persone ma se il Bascià e Cadì li vorranno vedere poiché una volta li haveranno visti non siano tenuti più a ripresentarsi ma senz’ altra licentia posciano imbarcarsi.
Item poiché sarà comprato lo schiavo cioè si saranno convenuti del pretio il Redentore e venditore e il venditore haverà ricevuto la caparra non si possa da nissuna delle parti ritirare la vendita ma sia tenuto il venditore consegnare lo schiavo ogni volta che il compratore li offeriva il resto del pretio.
Item che sia lecito alli Redentori andare e venire partirsi scorrere per questi paesi e cercar schiavi liberamente senza essere obligati a ricercare nè otteuere altra licentia da veruna persona e mentre staranno in questi paesi godino delli privilegi che si concedono alli abitanti di detti paesi.
Item se alcuno schiavo poiché sarà riscattato si facesse turco sia tenuto il Bascià far restituire il pretio alli Redentori o dal padrone dello schiavo o da detto schiavo e non pagando nissuno di loro sia tenuto il Bascià a restituire il sudetto pretio e ogni altra spesa fatta sopra di ciò
Item che nissuna persona possa andare in casa di detti Redentori per perturbarli o per cercar schiavi o per altri rispetti senza licentia del Bascià.
Item se uno delli Redentori morirà le robe sue schiavi e ogni altra cosa restino nel dominio delli detti Redentori suoi compagni ma quando sarà un solo o vero fossino più e tutti morissero le robe loro e ogn’ altra cosa resti nel dominio dell’ Archiconfraternita di Roma e delle persone che ordinarano detti Redentori. Il quale ne farà inventariò e che restituirà a detta Archiconfraternita o chi essa ordinerà senza che il Bascià Bei Talmagine o altre persone o offìtiali ci possono toccare pretendere nè dimandare cosa e gli schiavi riscattati da detti Redentori siano liberi et abbiano facoltà di partire a loro beneplacito.
Item morendo lo schiavo dappoi esser riscattato le facultà che haverà restano in potere del Redentore senza haver da dar notizia al Bascià nè altra persona.
Item che se uno delli redentori farà qualche errore sia castigato nella sua persona ma no nelle robe o denari della limosina della Compagnia e se saranno più Redentori uno non debba patire nè esser tenuto per l’altro.
Item che quando gli christiani saranno riscattati debbiano e possano stare in Algieri quanto gli piacerà a detti Redentori e partendosi non possano essere ripresi nè fatti schiavi nè in altro modo oltraggiati nè manco li vascelli sopra li quali passeranno nè robe nè denari nè altre cose possa esser presa nè ritenuta nè in alcun modo impedita intanto che sarano gionti a Roma o altro paese.
Item che detti Redentori riscattando alcuna donna che habbia figliuoli che lattano, sia tenuto il padrone vendendo la madre vendere ancora detti figliuoli e siano ben venduti e ben comprati senza poter essere molestati da nissuna persona nè impediti nel imbarcare o mandar via di quà.
Iterm che se le predette cose non saranno osservate a detti redentori sia tenuto il Bascià a tutti li danni spese et interessi quali detti Redentori potessino patire per mancamento de osservare le sopra dette conventioni e cosi promette e giura ognun di sua parte di osservare.
Dato in Algeri a dì 12 Gennaro 1587.
Provvedimenti di tal natura non potevano rimanere senza effetto: tanto più se si considerano rinfrancati da ingenti somme di danaro di cui disponeva l’Archiconfraternita. La provenienza di quelle somme ripetevasi in gran parte dalle elemosine mandate a Roma dagli Arcivescovi, e Vescovi dello stato pontificio e da altri distinti personaggi e Compagnie aggregate al Gonfalone destinate a raccoglierle. E ciò in
forza del Breve di Sisto V Cum benigna mater Ecclesia (26), col quale, abrogato il privilegio dei PP.
Trinitari e Mercedari di raccogliere elemosine negli stati della Chiesa, lo trasferì all’ Archiconfraternita per tutte le città e terre immediatamente e mediatamente soggette alla Santa Sede. Altro considerevole provento veniva all’ Archiconfraternita dalle tasse di alcune spedizioni della Dataria, che dapprima le concesse, e le tolse dappoi lo stesso Sisto V. (27) — Rammentando, nondimeno, lo stesso Papa l’indefessa applicazione, che si praticava da essa Archiconfraternita in detto riscatto, e il danaro che per detta causa avea profuso providamente nel riscatto di duecento schiavi ritenuti in Algeri, e in altri luoghi di Barbaria; quali portatisi tutti unitamente in Roma furono a’ piedi del Papa in tempo che Egli solennemente celebrava (ai 15 di Agosto 1587) nella Basilica di S. Maria Maggiore; assegnò (in compenso dei proventi di dataria) all’Archiconfraternita scudi 2000, da esiggersi annualmente dalla gabella sopra il bollo delle carte da giuocare, che in quel tempo stava affittata per scudi 7000: de’ quali ne avea già preventivamente assegnata la rata di scudi 4000 a favore dell’Ospedale di S. Sisto — (28). Siccome poi — nell’anno susseguente stimò l’istesso Pontefice far difalco di scudi 2000 dalli scudi 7000 all’appaltatore di detta gabella; così con altro suo chirografo ordinò che di detti scudi 5000, 3000 ne spettassero all’ Ospedale di S. Sisto, 1000 al Gonfalone (29), e li residuali scudi 1000 li assegnò alli Padri Penitenzieri di S. Pietro — (30) Arroge a ciò i vari legati fatti a tal’ oggetto all’ Archiconfraternita: come i cento luoghi dei Monti del Cardinal Gaspare Carpegna; gli scudi 300 di Isabella Merulli; gli annui fiorini 25 di Rotilio di Paolo; l’eredità di Maddalena Scappucci; e quella di Giovanni Fedeli e di altri ancora (31). Anche — La S. M. di Benedetto XIV (così la lapide sopra la porta della guardaroba incontro all’ingresso della sagrestia della nostra chiesa) con suo special chirografo segnato il dì 23 Marzo 1758 per gli atti del Mariotti Segret. della R. C. A. ha conceduto a questa Archiconf. scudi 6230 provenienti dalla vendita fatta alla religione gerosolimitana di 165 turchi conquistati dalle galere pontificie e dalla galeotta con essi predata come pure dal prezzo di altro turco riscattatosi affine di erogare detta somma per la redenzione dalla schiavitù de’ barbari infedeli de’ poveri cristiani sudditi e nativi dello stato pontificio.
Ebbe poi maggior credito l’Opera pia per la protezione di più Cardinali di S. Chiesa, e di illustri personaggi d’Italia; cioè del duca di Urbino, del Granduca di Toscana, del Duca di Mantova, del Principe di Massa, e di Carlo Emmanuele Duca di Savoia, e Principe di Piemonte.
Ciò apparisce dalle loro lettere dirette all’ Archiconfraternita durante il pontificato di Sisto V, custodite autografe nei Mazzi G n.° 3, e H. n.° 48 dell’ Archivio. Nè minor favore ottenne dal ricordato Mahemet Bascià di Algeri, siccome si ricava dalla seguente lettera con sugello turchesco spedita nel 1587 ai Guardiani del Gonfalone.
Molto Illustrissimi Signori
Habbiamo con ogni affectione favoriti Monsignor Rmo [ Giovanni Sanna Porcu di Santu Lussurgiu ndr. ] et gli Padri Cappuccini nel riscatto fatto de’ Christiani il che si può veder dalla quantità di schiavi lor portano in libertà et anco da quello per il detto Monsignor loro sarà rifferito e dal canto nostro non si mancherà nelli altri riscatti favorirli. Habbiamo anco caramente ricevuto quel tanto per lo detto M.[onsignore ndr.] statto presentato, da queste parti non posciamo mandar cose tali che loro fossero gratte, perciò restiamo in cambio di ciò alla libera si degneranno comandarne con ogui affectione prontissima a servirli, con questo facciamo fine pregando il S. Dio le conservi come desiderano.
D’ algeri a dì 25 Giugno 1587.
A comandi e piaceri de V. S. Illustrissime Mahemet Bascià d’Algeri per il gran Signore.
Ma se Roma era da una parte racconsolata al vedere prosperare l’Opera della redenzione di tanti suoi figli, che tornati in patria scioglievano le loro lingue in cantici di ringraziamento al Signore , ed alla sua divina Madre
per le vie della città come più giù diremo; dall'altra era spesse fiate gittata nel fondo delle amarezze per le paraterie de’ Musulmani, che consumavansi quasi sotto i suoi occhi (...).
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21 Arch. Mazzo H n.° 10.
22 Archiv. Mazzo H n° 14.
23 Fra i PP. Cappuccini mandati in Algeri dal Gonfalone in diverse età per ricuperare gli schiavi, vanno annoverati Fra Dionigi da Piacenza, Fra Angelo da Forlì, Fra Leone da Trapani, Fra Pietro da Pavia, Fra Paolo Maria da Matetica, e Fra Lorenzo da Siena, il quale ’sugellò col sangue la sua missione, di cui esiste al Mazzo H n.° 13 un Inventario delle sue robe lasciate in Tunesi e Biserta.
24 Arch. Mazzo A n. 15.
25 È scritto in lingua araba colla traduzione italiana Mazzo H n.° 37.
(26) L’originale arabo è volto in italiano. Mazzo II. n 34 35.
(26) Statuto pag. 161 §. 6.
(27) Breve cit. §. 7. Mazzo l n.° 16.
(28) Ivi Mazzo n.° 16.
(29) ln luogo di scudi 1000, il Gonfalone esigge attualmente per questo titolo dall' Ospizio di S. Michele scudi annui 310: che vengono erogati a benefizio della pia casa del Refugio.
(30) Mazzo I. n°16.
(31) Rubricellone pag. 32 n.° 16. Nel 1665 v'aveva un sopravanza di scudi 1971: 26 Mazzo II n°. 6.