Giovedì, 25 Aprile 2024

Viaggiatori di Sardegna

VIAGGIATORI DI SARDEGNA

I viaggiatori dell' Ottocento

Il 1800 è considerato il secolo della «scoperta» della Sardegna. Infatti numerosi scrittori e letterati italiani e stranieri visitarono l'isola e, affascinati, ne descrissero gli usi, i costumi e i paesaggi nelle loro opere.

Ma anche buona parte degli autori sardi manifestarono un grande interesse per la storia della loro terra e approfondirono le loro conoscenze sia nel campo strettamente geografico che in quello archeologico, storico, linguistico ed etnologico. 

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I viaggiatori del Novecento

Durante il 1900 avviene la riscoperta della Sardegna da parte di narratori, poeti e giornalisti italiani ed europei. Anch'essi, come i viaggiatori del secolo precedente, rimasero incantati dallo scenario che si offriva ai loro occhi: la Sardegna appariva come una terra mitica, lontana e incontaminata, ed il viaggio nell'Isola aveva anche il signifìcato simbolico di un viaggio nella «diversità» che sembrava nascondere un desiderio di felicità perduta o addirittura la nostalgia verso il mondo dell'infanzia.

Tuttavia, all'elemento mitico si affiancò ben presto l'indagine sociologica: infatti quasi tutti gli scrittori denunciarono i problemi specifici della Sardegna inseriti nel contesto meridionale. 

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David Herbert Lawrence

1z210lfDavid Herbert Lawrence nacque a Eastwood, nell'Inghilterra settentrionale, l'11 settembre 1885, quarto figlio di un minatore e di una maestra di scuola. Dopo aver frequentato grazie a una borsa di studio la scuola superiore, entrò a ventun anni all'University College di Nottingham.

Precedentemente aveva lavorato come impiegato e maestro elementare. Nel 1908 ottenne l'abilitazione all'insegnamento, dopo la quale fu assunto alla Davidson Road School di Croydon, una cittadina a sud di Londra. Il distacco dalla famiglia d'origine fu particolarmente difficile, a causa soprattutto dell'intensità del rapporto con la madre, che sarebbe stata al centro della sua vita emotiva almeno sino alla morte di lei, nel 1910. Nel suo primo importante romanzo, Figli e amanti (Sons and Lovers, 1913), largamente autobiografico, avrebbe raccontato come il sentimento possessivo di una madre impedisca al figlio di portare a pieno compimento un rapporto d'amore con altre donne. Dopo un serio attacco di polmonite tra il novembre del 1911 e il gennaio del 1912, Lawrence abbandonò definitivamente l'insegnamento. 

Aveva allora già pubblicato il suo primo romanzo, II pavone bianco (The White Peacock, 1911), grazie al quale ottenne una certa notorietà nei circoli letterari londinesi. Fu solo con Figli e amanti, però, che si confermò scrittore di prima grandezza. Lui stesso ne rivendicò l'importanza, anche perché aveva rivelato «la tragedia di migliala di giovani in Inghilterra».

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Mare e Sardegna, verso Nuoro (di D. H. Lawrence)

Queste corriere in Italia sono splendide. Prendono le strade ripide, tortuose, con tale facilità, sembra che vadano con tale naturalezza. E questa era anche comoda.

Le strade italiane mi colpiscono sempre. Corrono intrepide per le regioni più scoscese, e con una curiosa sicurezza. In Inghilterra quasi tutte le strade di questo tipo, almeno quelle di montagna, sarebbero contrassegnate come tre volte pericolose e sarebbero famose in tutto il paese come un'arrampicata impossibile. Qui non è nulla. Vanno su e giù, si spenzolano in fuori con assoluto sangue freddo. Sembra che non ci sia stato nessuno sforzo nella loro costruzione. Sono così buone, in modo naturale, che si nota a stento quali splendide imprese rappresentino. Naturalmente, oggi il fondo è spesso intollerabilmente rovinato.

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Sughere di Gallura (di Elio Vittorini)

Subito fuori dal caseggiato di Terranova l'orlo vulcanico che circonda la baia inghiotte la cittadina e, a un chilometro, anche l'ampio specchio lacustre. Sollevati contro il cielo si corre su una superficie convessa che pare s'inarchi e dilati e debba scagliarci da un momento all'altro nello spazio.

E si corre incredibilmente con questo macchinone dall'aspetto pachidermico. Abbiamo due autisti, uno al volante mostra i denti alla strada, con ringhioso accanimento, l'altro in piedi aspetta di dargli il cambio appena si stanchi; ma più che premura ha impazienza, una voglia da ragazzo di prendere il gioco al compagno. Si direbbero fratelli, tanto si somigliano. A tratti si guardano e un misterioso sorriso ironico passa sui loro volti. - La strada è ottima per la nostra corsa pesante. Dice uno che tutte le strade in Sardegna sono e furono sempre così buone. È bastato aggiungere un lieve strato di terra sulla roccia che il continuo passaggio dei popoli aveva reso liscia e uguale. Eppure quasi non si distingue nella crosta intorno. Per chilometri non si scorge un uomo ne un tetto. E l'impressione dell'altipiano si precisa nel senso di una maggiore prossimità della sorgente solare. 
Nell'aria ce n'è l'odore: del sole. Di fuoco puro, privo d'ogni acredine di combustibile. E di pietra secca. Ma di brughiera anche. E di spoglie di serpi. Odore di Sardegna... 

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Carlo Levi

634px Carlo Levi AlassioIl libro di Carlo Levi (1902-1975), Tutto il miele è finito, nacque come serie di appunti per un volume fotografico sulla Sardegna, in seguito ad un viaggio compiuto dall'autore nel 1952.

A questi primi commenti se ne sovrapposero altri, frutto di ulteriori viaggi nella nostra Isola e si giunse così alla composizione del libro. Non era la prima volta che Levi dimostrava interesse verso il Sud e le sue problematiche: nell'opera Cristo si è fermato ad Eboli, che narrava la storia (autobiografica) di un confinato politico in Lucania, lo scrittore si era accostato con un atteggiamento ambivalente alla terra lucana: da un lato era affascinato da un mondo antico, tagliato fuori dalla storia, in cui sopravvivevano usi e costumi millenari, dall'altro era forte in lui un sincero impegno di denuncia dei problemi socio-economici di quella terra. La pubblicazione di quest'opera determinò l'inizio di quell'interesse verso il Meridione che in seguito si estese dalla letteratura anche alla pittura e al cinema.

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Orune (di Carlo Levi)

bcarlolevi1 maxQuando è scesa la notte, a Orune, e il vento arriva gelido da Santandria, e pare risalga il monte come qualcuno che corra su per l'erta con un suo fascio di spine pungenti, e le pozze d'acqua per terra si ricoprono di una crosta di ghiaccio che scricchiola sotto i piedi, al lume giallastro dei radi fanali, e chi s'incontra per via invita a bere qualcosa, ci si rifugia volentieri, intirizziti, in un bar.

Si resta in piedi a parlare, aspettando il bicchierino; i giovani parlano dei luoghi lontani dell'emigrazione, della crisi della pastorizia, delle riunioni per il piano di Rinascita, delle vicende del paese. 
Seduti su una panca bassa, vicino alla porta, due vecchi pastori, vestiti di pelli di pecora, con le brache bianche, la uose, sa berritta, il bastone in mano, stanno lì, fermi e silenziosi, come pietre o statue barbariche. Uno ha un viso selvatico e nero, duro di lineamenti, concentrato in occhi immobili, in pieghe bruciate di sole tra la vegetazione robusta delle sopracciglia e dei baffi. L'altro, il più vecchio, ha un volto sottile e arguto, chiaro di pelle, bianco di barba, con occhi vivaci pieni di astuzia e di intelligenza. Rispondono, come antichi padri, ai saluti dei giovani e dello straniero, e parlano volentieri di quello che qualcuno chiede. 

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Elio Vittorini

1959 intel mi 0006Elio Vittorini (1890-1966) giunse in Sardegna agli inizi degli anni Trenta - circa 10 anni dopo Lawrence - in occasione di un viaggio organizzato dalla rivista L'Italia letteraria e abbinato ad un concorso per il miglior diario di viaggio. Lo scrittore vinse il primo premio con Viaggio in Sardegna (1936), che in seguito si intitolerà Sardegna come un'infanzia (1952).

Proprio questo titolo offre la chiave per capire l'atteggiamento di Vittorini nei confronti della nostra Isola: «Mi capita di pensarla come un avvenimento già lontano, una specie di guerra, o un amore, e che non possa ripetersi... Come un'infanzia. E della mia infanzia fa parte oramai, di quel nulla, di quella favola». 

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Gaston Vuillier

Gaston VuillierGaston Vuillier, scrittore francese, è stato tra i più efficaci divulgatori stranieri della civiltà sarda, sia per l'accuratezza e la documentazione delle sue descrizioni sia per le illustrazioni che acccompagnano il racconto del suo viaggio nell'Isola.

Tuttavia il suo libro Le isole dimenticate. Le Baleari, la Corsica e la Sardegna, del 1893, non ebbe la risonanza che meritava e rimase nell'ombra per parecchi anni. 
Vuillier giunse in Sardegna nel 1890, forse in qualità di inviato speciale del giornale "Le Figaro" o della rivista "Le tour du monde" che pubblicava resoconti di viaggi, forse semplicemente attratto dalle isole mediterranee e desideroso di farle conoscere al resto dell'Europa. 

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Arrivo in Sardegna di Gaston Vuillier

gastonPorto Torres!... Il primo paese sardo è sotto i nostri occhi. Triste e misero villaggio dalle case basse, dove si vedono passare dei bambini smunti; il suo porto somiglia a una pozzanghera. Grandi memorie popolano tuttavia le sue mura silenziose e si librano sui monumenti in rovina che popoli di diverse razze riempirono della loro grandezza.

Gli Spagnoli, in epoche gloriose, vi innalzarono torri dalla facciata merlata che non hanno smesso di rispecchiarsi con fierezza sulle acque del porto. Il "Palazzo del re barbaro", antico tempio della Fortuna edificato dai Romani, mette in evidenza, attraverso le pale dei fichi d'India, le sue strutture crollate. La basilica di San Gavino, anteriore all'anno 1000, restaurata nel 1210 da un giudice del Logudoro, fa da corona ad una collinetta. Al di là delle case, dietro queste testimonianze di età tramontate, terreni ondulati si estendono grandiosi e severi fino all'orizzonte. E mentre a bordo si eseguono le operazioni d'attracco, io penso a questa terra che si stende sotto un cielo tormentato, coperta di rovine, e veramente pallida e tremante di povertà e di malaria. [...] 

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