Elio Vittorini
Elio Vittorini (1890-1966) giunse in Sardegna agli inizi degli anni Trenta - circa 10 anni dopo Lawrence - in occasione di un viaggio organizzato dalla rivista L'Italia letteraria e abbinato ad un concorso per il miglior diario di viaggio. Lo scrittore vinse il primo premio con Viaggio in Sardegna (1936), che in seguito si intitolerà Sardegna come un'infanzia (1952).
Proprio questo titolo offre la chiave per capire l'atteggiamento di Vittorini nei confronti della nostra Isola: «Mi capita di pensarla come un avvenimento già lontano, una specie di guerra, o un amore, e che non possa ripetersi... Come un'infanzia. E della mia infanzia fa parte oramai, di quel nulla, di quella favola».
Ritorna dunque l'associazione, comune a tanti altri viaggiatori del Novecento, tra l'Isola e un piccolo mondo lontano nel tempo e nello spazio dove si vivono emozioni e momenti di gioia come nell'infanzia. Emozioni irripetibili come appunto la giovinezza che non può più tornare.
Tuttavia, nel libro di Vittorini non c'è solo la nostalgia o l'abbandono ai ricordi. L'autore è animato da sincero interesse verso una terra e una popolazione a lui sconosciute e pur immedesimandosi nel ruolo di un novello Robinson Crusoe naufrago su un'isola deserta, si rende anche conto delle condizioni difficili in cui vive la gente sarda. Ad esempio, la sua visita ad Iglesias gli farà osservare che «ad Iglesias, dove i sardi lavorano nelle miniere, non ho visto più gioia ne ruminio. Ho visto il nulla della fatica quotidiana. Fatica che serve ad un tozzo di pane e tozzo di pane che serve alla fatica».
Ma forse le pagine più suggestive di Sardegna come un 'infanzia sono quelle in cui lo scrittore descrive ambienti e persone, quasi fondendo la natura con gli esseri viventi, per cui le donne sono «rapide come volpi in fuga» e gli uomini hanno «occhi di lupi».
Attraverso queste ed altre immagini scaturisce il ritratto di un'isola diversa da tutte le altre regioni d'Italia, capace di suscitare un enorme fascino su chi vi giunge per la prima volta.