ANDREA LVSSO, PITTORE SARDO DEL SEC. XVI, TELA NELLA VILLA DI MARTIS*
Se al celebre Lanzi fossero state note le pitture che ornano le Chiese di molti villaggi della nostra Isola, la sua opera sarebbe stata arricchita di molti valenti artisti che sarebbero potuti stare nelle memorie della scuola Italiana, e la Sardegna si sarebbe gloriata di far conoscere all’ Europa il nome di tanti illustri suoi figlj. Gli scrittori sono quelli che in ogni tempo hanno mai sempre nobilitato la terra di cui scrissero, ed oggi non sarebbero perdute tante opere, perché non se ne conobbe il pregio per il silenzio degli stessi scrittori.
La Sardegna ha avuto la sua scuola di pittura fino dal Secolo X, della quale l’anonimo postillatore della Cronaca di Antonio di Tharros, edita dal Martini, ce ne ha conservato i nomi (1). Noi coll’ ajuto di quei cenni, e colle notizie che ci abbiamo procurato nelle nostre diverse escursioni nell’isola, abbiamo potuto tracciare una breve storia degli artisti sardi, che ci riserviamo in altro tempo di pubblicare. Per ora ci basti di parlare d’una delle opere del Lusso, che sta nella Villa di Martis, capo scuola del secolo XVI, appena nominato dal Valery (2), lamentando d’essere stato dimenticato dal Lanzi.
Nel dì 19 dello scorso Maggio ci portammo, insieme col nostro fratello G. Luigi, Rettore di Sagama, nella detta Villa per osservare espressamente il dipinto di questo Lusso che si conserva nell’ altar maggiore della chiesa parrocchiale, sacra a S. Pantaleone. È largo da 3 metri sopra 4 di lunghezza, attaccato ad una tavola.
La pittura è ad olio che rappresenta quel medico di Nicomedia nell’ atto che guarisce un paralitico. Le figure che l’artista vi ha rappresentato allo spettacolo di questa guarigione sono 33, tra tutte.
Il protagonista è diritto, vestito di tunica e di pallio alla foggia degli Apostoli: colla man sinistra prende la destra del giacente paralitico in atto di sollevarlo, e colla destra accenna in alto, come per indicare alla presenza del tiranno e dei falsi sacerdoti, che la virtù di guarire l’impetrava da Dio. La turba che assiste è in diversi movimenti d’ammirazione, riguardando l’Imperatore Diocleziano che al di sopra sta seduto in trono con corona in capo, con maestosa barba, e vestito delle insegne regali alla spagnuola, come alla spagnuola è vestito un suo scudiere, mentre che meglio lo sarebbe stato rivolta al paralitico che forma la parte principale della scena (3).
Il paralitico è tanto espressivo che potrebbe essere il protagonista dell’ opera. È un cadavere semivivo in cui si possono numerare le ossa involte alla pelle. Uno scolare potrebbe studiarvi l’osteologia, e pare che l’artista abbia avuto innanzi qualche scheletro umano nell’atto che rilevava il soggetto della sua invenzione con sì bella poesia.
Alla parte sinistra vi stanno due persone vestite alla foggia de’ filosofi, una di questa è Ermolao, il maestro di S. Pantaleone, il quale porta una lettera, ed un altro che ha il libro in mano è uno dei compagni dello stesso Santo, nel quale pare di aver il pittore espresso il ritratto di sé stesso. Al lato destro vi stanno due altre persone in tutta figura, che sono i falsi sacerdoti del gentilesimo. Uno di questi è compreso da maraviglia, e fa cenno colle mani, toccando il pollice di una coll’indice dell’altra, quasi faccia il dilemma, o costui è un mago, oppure la sua virtù di guarire ha del sovrannaturale. Sotto queste figure avvi il ritratto di colui che ordinò l’ opera, eh’ era il parroco di quel tempo Antonio Baldoncello, vestito di mozzetta, e coi mostacchi, secondo il costume del tempo (4).
Belli sono i due cavalieri che sporgono al di sopra, come anche le parti accessorie del quadro dipingendovi degli ornamenti. La scena è figurata davanti alla Reggia del tiranno, e perciò si vede dalla parte sinistra un castello del medio evo, dove sono poetiche e graziose quelle due figurine che si vedono affacciate da una finestra guardando attentamente lo spettacolo. Di più vi compariscono ornamenti gotici a nicchiette acute, come si vedono nell’ architettura delle chiese medievali.
Finalmente sotto la figura di Ermolao avvi un cartello rettangolare in cui vi è scritto in bei caratteri corsivi.
Andreas Lusso Sardus Oppidi
Oleastry dioecesis suellensis
Inventor año Dñi
1595
L’altare di legno dorato è della stessa epoca del quadro, perchè nella base della colonna alla parte destra avvi l’iscrizione: Intercedente Antonio Baldoncello Vic. Perp. hujus Parrochiae Villae Martis. Operantibus Ambrosio Sole Ioanne Matheo Manunta Giorgio Manunta Ioanne Giorgio Fara Nicolao Fundone Luca Doro Baquis Manca faber lignarius hoc opus fecit anno Dni MDLXXXXV.
Nella parte sinistra, parimenti nella base della colonna, facendo simmetria all’altra si legge, Sedente ac jubente D. D. Ioanne Sanna Epo Ampurien (5) D. Ioannes Sanna Cancus Ampurien cum annexa de Martis A. D. 1595. Nella tavola inferiore che forma il basamento dell’altare, vi sono dipinti sopra il legno i quattro Evangelisti, opera del detto Lusso, in 4 scompartimenti.
Dall’ insieme però della tela, ognuno che la vede può formare il giudizio della capacità di questo sardo artista, il quale nel disegno, nel colorito, e nell’invenzione è da paragonare ai buoni della più bella scuola italiana di quel tempo. Nel panneggiamento è alquanto duro, ma nelle fisonomie è molto espressivo, nella prospettiva felice, e si richiedeva molta abilità, in tanto breve campo, di collocare un gran numero di figure. Duole che di lui non possiamo avere dei dati biografici (6): ma conchiudiamo che il Lusso era un caposcuola sardo, e si può chiamare il maestro della pittura in Sardegna nel secolo XVI, l’epoca aurea di quest’ arte divina.
G. Spano
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* In: BULLETTINO ARCHEOLOGICO SARDO OSSIA RACCOLTA DEI MONUMENTI ANTICHI IN OGNI GENERE DI TUTTA L’ISOLA DI SARDEGNA DIRETTO DAL CAN. CAV. GIOVANNI SPANO Rettore della R. Università di Cagliari e Socio di molte Accademie, ANNO V, Cagliari, Tipografia di A. Timon, 1859, pp. 91,92,93.
Grazie alla cortese segnalazione di Sabrina Salis Biliotecaria di Martis, cfr. anche:
Cocco Flavio, Quadri del pittore sardo manierista Andrea Lusso nato a Ilbono 1595-1627, ed. Fossataro (CA);
Tesi di Laurea: Martis, tracce di storia dell'architettura e dell'arte in Sardegna
Note al testo
Le note sono state rinumerate rispetto al testo originale
(1) Testo di due Codici Cartacei d’Arborea del sec. XV — Cagliari 1856 Timon, pag. 28.
(2) Yoyages en Corse et en Sardaigne, Paris 1834. « Tableau daté de la belle époque de 1598, et du peintre sarde André Lusso, omis par Lanzi, et qui meriterait d’être plus connu » (pag. 50). Notiamo solo che per inavvertenza questo quadro lo mette in Nulvi.
(3) Forse il pittore ha voluto così atteggiare la turba per osservare l'effetto che faceva nell'animo dell'Imperatore questa miracolosa guarigione. Le figure sono tutte d' uomini, lo che pare sia un difetto: la pia curiosità delle donne vi dovea ancora prender parte.
(4) Da questa circostanza si deprende che l'artista siasi portato nel luogo per eseguire l’opera, e che molte delle figure della turba siano ritratti di uomini dello stesso paese.
(5) Questo gran Vescovo Sanna, di S. Lussurgiu, generoso e benefico come lo era nel sollievo dell’umanità e nell’istruzione dei popoli, che visse dal 1586 1607 (v. Martini, Biogr. ad voc.), avrà pure incoraggiato le arti, e forse richiamato appositamente il Lusso per ornare dei suoi dipinti le Chiese della Diocesi dove più d’ ogn’ altra si trovano sparse le opere di questo artista.