Ladri di sale *
«...Alla base orientale di capo Mannu e non lontano dall'isolotto del Peloso sorgono le vecchie saline; un po' più all'interno, si trovano due stagni salati detti Is Benas e Sal'e Porcu, ma si da loro anche il nome generico di Saline del Peloso.
Durante gli ultimi vent'anni del passato regime questi luoghi, soprattutto gli ultimi due, furono teatro di deplorevoli disordini la cui impunità continua a dare tristi frutti.
Dietro il pretesto, vero o falso, dell'eccessivo costo del sale di monopolio regio e della sua mancanza negli spacci dei paesi dell'interno, alcuni pastori e altri abitanti delle province montuose e centrali dell'Isola, ai quali il sale è necessario per la stagionatura del formaggio e del maiale, si misero d'accordo fra loro; concertarono di partire individualmente dal loro paese, percorrendo strade poco battute e fuori mano, e di arrivare in un momento prestabilito alle saline, dove la regia amministrazione faceva raccogliere il sale in mucchi sorvegliati appena da pochi addetti alle dogane.
Queste persone, quasi tutte armate e in gran numero, riempivano allora i sacchi di sale, a dispetto della guardia degli addetti, qualche volta con atti di violenza e persino spargimento di sangue; dopo aver caricato i cavalli, se ne tornavano a casa come quando ne erano partiti, e cioè disperdendosi e passando di notte nei paesi abitati e in quelli dove poteva esserci un presidio di forza pubblica.
Tutto ciò accadeva senza che le autorità, per prime, volessero rimediare efficacemente a simili atti che vanno contro le regole della società civile. È vero che in un luogo isolato come le saline, lontano dall'abitato, malsano al massimo grado e sguarnito della necessaria forza pubblica, un simile colpo di mano era più facile da eseguire che da reprimere; d'altra parte le autorità militari recalcitravano all'idea di esporre la salute e la vita dei soldati (intendo sotto l'aspetto sanitario) per un po' di sale, sostanza così abbondante lungo tutte le coste dell'Isola.
I doganieri, sparpagliati sull'intero litorale e in gran parte indeboliti dalle febbri malariche, non erano tanto numerosi da rappresentare, in questo luogo funesto, una forza armata in grado di contrastare adeguatamente il saccheggio organizzato del sale.
Il fatto è che tali rapine, anziché cessare, si rinnovarono ogni anno su scala più grande e con maggiore audacia, al tal punto che, anziché sparpagliarsi una volta fatto il colpo, e passare per strade secondarie attraversando di notte i paesi abitati, i ladri diventarono audaci e, sfidando l'autorità, finirono col tornarsene a casa tutti insieme e in pieno giorno lungo la strada più frequentata. Davano così alle popolazioni locali un esempio molto pericoloso, senza che i rari cavalleggeri, sparsi nei paesi principali, potessero contrastarli. Questi ultimi, distribuiti in numero di quattro o cinque per stazione, erano costretti a far finta di non accorgersi del passaggio delle bande, limitandosi ad istruirne le autorità, che dal canto loro, subivano l'affronto in silenzio.
È precisamente la situazione in cui mi trovai nel 1849, quando giunsi in Sardegna in qualità di Commissario reale straordinario, munito di pieni poteri ma del tutto sprovvisto di forze garanti dell'ordine pubblico, perché tutte le truppe si trovavano sul Continente, impegnate nella guerra che si era appena conclusa così sfortunatamente a Novara.
Avendo compiuto nel mese di maggio un giro d'ispezione nell'Isola per questioni di servizio, nell'esercizio delle mie funzioni ero partito di mattina presto dal paese di Santulussurgiu per concludere la giornata a Milis; ero a cavallo e in uniforme, con una scorta di sei o sette cavalleggeri e accompagnato da un seguito abbastanza numeroso, composto di diversi signori e ufficiali della guardia nazionale della zona; secondo l'usanza del paese, costoro vollero così rendermi omaggio.
Due cavalleggeri della scorta marciavano in avanscoperta, con la carabina in pugno, come prescritto quando si trattava di accompagnare una massima autorità militare; tutto ciò non impedì che a una svolta, in un punto in cui la strada diventa strettissima e scoscesa, ci venisse incontro una banda numerosa, di circa 60 persone tutte a cavallo, armate e con in sella, messo di traverso, un grande sacco pieno di una sostanza dura e ruvida. Era precisamente una truppa di saccheggiatori delle Saline del Peloso, che se ne tornavano a casa con la provvista di sale, fatta nei mucchi accumulati dagli operai dell'amministrazione.
Siccome noi camminavamo in senso inverso lungo il sentiero incassato dove potevano incrociarsi a malapena due cavalieri, non uno solo dei sacchi, messi di traverso sul cavallo di quegli uomini, passò senza sfregarmi il ginocchio, senza strusciare cioè contro la prima autorità dell'Isola, la quale si trovò ridotta a rendere il saluto e l'augurio di buon viaggio, che nessuno di quegli individui mancò di rivolgerle, spostando educatamente la canna del fucile che portava di traverso, alla moda del luogo...».
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*A. Della Marmora, Itinerario dell’isola di Sardegna, Vol. II, Ilisso, Nuoro 1997, pp. 218 - 219