La Sardegna Centroccidentale brucia, brucia come la mia anima.
Conservo ancora nella memoria le immagini di devastazione e di dolore provocate dagli incendi sviluppatisi nel Montiferru negli ultimi cinquantanni, ma ricordo soprattutto quelli del 1983 e del 1994.
Ho partecipato ad entrambi in prima linea alle operazioni di spegnimento.
Nell'estate del 1983 ero responsabile di un plotone antincendio dell'esercito della vicina Caserma Bechi Luserna di Macomer: una trentina di reclute che frequentavano il corso di car avanzato in caserma e che dall'inizio dell'estate si avvicendavano giorno dopo giorno rendendosi disponibili h24 su richiesta della prefettura per le emergenze e le operazioni di spegnimento.
Erano ragazzi del nord Italia che mai avrebbero pensato di trovarsi in un simile inferno!
Lo spegnimento degli incendi in quel periodo avveniva soprattutto con le squadre a terra costituite generalmente dagli operai del cantiere di Pabarile, i proprietari e i vicini dei terreni interessati all'incendio e dai volontari che accorrevano sul posto allertati dal signor Ambrogio, il banditore comunale che dagli altoparlanti del municipio al grido di Attenzione, attenzione fogu, fogu a cui seguiva la elencazione dei nomi delle località interessate dall'incendio, lanciava l'allarme.
I pochi elicotteri che operavano in Sardegna in quel periodo erano quasi sempre impegnati altrove (e te pareva!) e l'incendio lo spegnavano principalmente le squadre a terra. La dotazione individuale dell'esercito al plotone antincendio era scarsissima, ridicola se paragonata a quella odierna: avevamo i flabelli individuali e qualche atomizzatore, non più di due o tre a plotone.
Raggiungemmo la località dell'intervento a bordo di due vecchi e lentissimi autocarri ACM e al primo crocchio di persone che incontrammo lungo la strada chiedemmo notizie dell'incendio e dove trovare il capo cantiere forestale di Pabarile che invece era tra loro.
Si notava subito la stanchezza di quegli uomini che lottavano da diverse ore contro il fumo e le fiamme altissime.
La zona assegnataci era quella a occidente del Collegium Mazzotti più noto col nome La Madonnina, sulla SP 19 Santu Lussurgiu - Cuglieri. Si trattava di un vasto canalone di alberi ad alto fusto (querce e lecci secolari, roverelle, corbezzolo) e imponenti macchie di rovi e arbusti della macchia mediterranea, delimitato a occidente dal massiccio rilievo di Sa Rocca 'e sa fazzada.
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