Lunedì, 25 Novembre 2024

Bauladu

AMBIENTE

FONTANA1SORGENTI, FIUMI E LAGHI

Il territorio della Sardegna centroccidentale è molto ricco di acque rispetto al resto dell'isola.Il Montiferru è caratterizzato dalla presenza di cospicue riserve idriche, sia superficiali che sotterranee. I motivi di tale abbondanza sono legati alla posizione del massiccio e alla sua conformazione geologica. L'area viene infatti colpita dai venti umidi provenienti dal mare, in particolare dal Maestrale, che giunge frontalmente dalla valle del Rodano, nella Francia meridionale, caricandosi di umidità nel suo tragitto sopra il mare. Queste condizioni determinano nella zona forti precipitazioni, tanto che alla quota sommitale del monte Urtigu la piovosità media annua supera i 1100 mm, agli appena 450 metri di Cuglieri supera gli 800 mm e a Tresnuraghes si mantiene attorno ai 700 mm annui.
Ogni inverno sono abbastanza frequenti le nevicate, con il manto nevoso che però riesce a mantenersi qualche giorno solo nelle cime più elevate. Sono inoltre abbondanti le cosiddette "precipitazioni occulte", legate a fenomeni di condensazione notturna, che incrementano notevolmente la quantità di acqua disponibile.
L'abbondanza delle sorgenti, e quindi il mantenimento dell'acqua anche nella stagione più secca, è invece direttamente legata alla costituzione geologica della montagna, costituita quasi esclusivamente di rocce vulcaniche che sono tanto più permeabili a seconda della presenza o meno di fessurazioni e dall'ampiezza delle stesse, andando ad alimentare i solitamente piuttosto grandi bacini sotterranei, falde acquifere che danno origine a sorgenti tra le quali si evidenziano le sorgenti di Sant'Antioco, vicine a Scano Montiferro, tra le più grandi della Sardegna, con una portata d'acqua che, in inverno e in primavera, raggiunge i 200 litri al secondo.
Sono almeno due i principali corsi d'acqua che si generano nel massiccio: il riu di Mare Foghe che dopo 48 km si getta nello stagno di Cabras e il riu Mannu di Scano di Montiferro che ha una lunghezza di 28 km.


salvadoriLa Sardegna è certamente in Italia, per non dire in Europa, il paese più ricco di cacciagione di ogni maniera, e la sua fama a questo riguardo è così ben stabilita che in ogni anno numerose comitive di cacciatori vi si recano dal continente, e le pernici, le anatre di molte specie, le lepri,  i cervi, i daini, i mufloni, ed i cignali li compensano a dovizia delle fatiche, e conviene pur dirlo, dei disagi e delle privazioni di ogni sorta che è assolutamente necessario di sopportare per le condizioni poco felici dell'isola. 

L'abbondanza di cacciagione si spiega facilmente per le condizioni topografiche e climatologiche, per la poca estensione delle terre coltivate e per la scarsezza della popolazione. Avviene sovente che il viaggiatore passi intere giornate a traverso pianure incolte coperte di cisti e di asfodeli, od in mezzo a selvaggie montagne vestite di interminabili foreste di elci, di sugheri, o di castagni. Nelle colline più basse abbondano il mirto, le filliree, i lentischi, i corbezzoli, e lungo i ruscelli bellissimi leandri. Non mancano inoltre, specialmente lungo le coste, frequenti stagni, più spesso salati, i quali sono popolati da uccelli acquatici di moltissime specie.

In questo stato di cose l'impressione che si riceve nel visitare la Sardegna è quella di un paese alquanto primitivo, avente molti caratteri dei luoghi meridionali o piuttosto orientali, e che spesso ricordano l'Asia Minore, od alcune delle isole dell'Arcipelago in specie, perciò che riguarda i costumi degli abitanti.

Nella parte meridionale sorgono frequenti palmizi, che, sebbene non conducano a perfetta maturità i loro frutti, non sono meno maestosi colle loro chiome superbe; all' intorno dei villaggi i piccoli campi sono chiusi inesorabilmente da siepi di grandissimi fichi d'India (cactus opuntia), alti sovente più di tre, quattro e cinque metri, i di cui frutti sono avidamente mangiati dagli abitanti, e che ne fanno larga parte ai porci onde ingrassarli; infine s'incontrano sovente agave gigantesche dei grandi fusti fioriferi.

Alcuni luoghi della Sardegna, tali i contorni di Cagliari, non presentano lussureggiante vegetazione a causa dell'aridità del suolo, ma, dirigendosi all'interno, le montagne presentano un aspetto veramente ridente per le belle foreste che le rivestono, e per i numerosi ruscelli che sgorgano dai loro fianchi rocciosi. — Questi ruscelli riunendosi non valgono a formare grandi corsi di acque, onde anche il Tirso ed il Flumendosa sono fiumi di poca importanza.

In mezzo a questo paese si trovano sparsi rari villaggi, ai quali difficilmente si accede per la mancanza di strade rotabili, onde l'andare a cavallo per viuzze difficili e spesso pericolose è il modo più comune di viaggiare. — Le case di questi villaggi sono per la massima parte costruite con laderi o mattoni di terra cruda, e nel loro interno, più spesso senza pavimento, la parte principale è la cucina, ove si trova un focolare senza cappa e senza cammino, e all' intorno del quale nei mesi invernali dormono gli abitatori distesi sopra stuoje di giunchi. — L'indole di essi non è certo attiva ed industriosa, ma al contrario indolente, onde spesso si vedono oziosi sull' uscio delle loro dimore senza pensare alle immense ricchezze che calpestano, in un suolo, che non aspetta che la mano dell'uomo intelligente ed attivo per produrre cereali in grandissima copia, e per versare dal suo seno gl'inesauribili tesori metallici che racchiude. — L' agricoltura è affatto primitiva; il vomere dell' aratro che adoperano è simile a quelli di duemila anni fa, quali si vedono nel Museo Archeologico di Cagliari; le miniere sono per la massima parte in mano di società straniere, e continentali il maggior numero deagli operaj.

É ben naturale che un paese, ove l'agricoltura è cosi poco innanzi, presenti invece la pastorizia universalmente soverchiante, e difatti grandissimo è il numero degli armenti che vagano per le campagne di Sardegna, e dei loro cadaveri fanno grasso bottina i moltti avvoltoj che le percorrono.

Un tate paese adunque, ove le terre incolla e la foresta superano in una proporzione cosi soverchiante la parta coltivata, ed ove la popolazione è cosi scarsa, non è meraviglia se sia ricco di selvaggiume d'ogni maniera, ed in specie di moltissimi uccelli; e riflettendo alla sua postura geografica tra il 59.° e 41 ° lat. nord, al suo clima temperato, cosi che quasi giammai la neve discende più in basso delle cime degli alti monti, ed alla sua vicinanza all'Affrica, intenderemo come, mentre la sua fauna ha i principali caratteri dell'Europea, ne differisca notevolmente per prendere molti dei caratteri dell'Affricana settentrionale. Ond' è che, coma tra le piante la Palma a datteri ed il Fico d'India ci annunziano d'esser vicini all'Affrica, cosi tra gli uccelli la Pernice di Barberia (Perdix petrosa, Lath.), gli Avvoltoj in grandissimo numero, il Passer sulicicolus, il bel Porphyrio veterum, la comune Branta rufina, la non rara Erismatura leucocephala, ed i moltissimi fenicotteri danno in partE all'Avifauna Sarda l'aspetto di quella dell'estremità meridionale della Regione Paleartica, quale è stata circoscritta dallo Sclater, ossia della costa settentrionale dell'Affrica, mentre poi il Gipaetus occientalis, il Gyps occidentalis, lo Sturnus unicolor, il Melizophilus sardus, ed Il Phalacrocorax Desmarestii gli danno un carattere proprio ed individuale.

lo mi sono recato in Sardegna al principiare di gennajo del corrente anno [1863 ndr.], e nel mese successivo vi fui raggiunto dall'illustre viaggiatore il marchese Orazio Antinori, col quale ho in comune molte delle osservazioni che andrò esponendo, e col quale restai altri tre mesi fino al terminare di aprile, e cosi la durata del mio soggiorno nell' isola non è stata che di quattro mesi circa. Questo spazio di tempo è stato certamente troppo breve per farmi acquistare conoscensa intera dell'Ornitologia Sarda, onde io, volendo dare una relazione per quanto m'era possibile completa degli uccelli dell'isola, ho dovuto valermi di varj elementi; e perciò oltre le osservazioni da me fatte in natura ho accuratamente studiato la collezione del Museo dell'Università di Cagliari, il che m'interessava moltissimo, avendo essa servito di base alla Ornitologia Sarda del cav. Cara, e però io doveva verificare negli esemplari esistenti le specie da esso notate. — E qui io debbo rendere grazie pubblicamente al prof. Patrizio Gennari, il quale mi dette amplissima licenza di studiare nel Museo di cui egli è direttore, e Dio voglia che lo sia per lungo tempo a benefizio di quello stabilimento, che egli ha non solo notevolmente arricchito, ma al quale inoltre egli ha sapulo dare l'aspetto e l'ordinamento scientifico. — Infine io ho fatto tesoro di alcune notizie somministratemi a voce dal Cara stesso, e dai pescatori degli stagni, e dai cacciatori indigeni. — In specie la collezione del Museo, formata nello spazio di molti anni, ricca di molti individui e di interessantissime specie, è stata per me grandemente profittevole. E per non tralasciare alcuna cosa, che potesse somministrarmi qualche lume, io ho consultato ancora l' erudita opera del Cetti (Gli Uccelli di Sardegna, Sassari 1766), la quale, sebbene non manchi di giuste osservazioni, è poco atta, per l' epoca in cui fu scritta, ad essere studiata utilmente.

Per tal modo io spero di poter dare un Catalogo esatto e completo più di ogni altro fatto finora, e che potrà essere un elemento utile nella compilazione di una Ornitologia Italiana, alla quale, se le forze mi reggeranno, spero di dar mano. Intanto la mia presente pubblicazione servirà a correggere gli errori in cui sono caduti coloro che antecedentemente si sono occupati di questo argomento, e mi verrà fatto sovente di aggiungere nuove specie a quelle già enumerate tra le Sarde, e di escluderne altre indebitamente inclusevi.

Le specie ehe io ho credulo di poter annoverare in questo Catalogo ammontano a 268, mentre il Cara ne descrisse 265. Questi numeri, che sembrano quasi eguali, risultano di differenti elementi, ed appunto per fare apprezzare le differenze tra il suo Catalogo ed il mio io divido le specie in quattro categorie:

  1. Specie comuni ad ambedue.
  2. Specie errate e mal determinate dal Cara.
  3. Specie annoverate dal Cara, ma non esistenti in Sardegna.
  4. Specie non descritte dal Cara, ma esistenti in Sardegna.

La 1a serie o categoria comprende 251 specie comuni al Cara ed a me, nelle quali sono incluse 15 specie, che il Cara asserisce di aver trovato in Sardegna, ma intorno alle quali io non ho potuto avere altra prova della loro esistenza nell'isola, e che perciò io ritengo come dubbie, e queste sono:

  1. Mìlvus niger, Briss.
  2. Corvus corone, L.
  3. Lusciola phiomela, Bl.
  4. Pratincola rubetra, Koch.
  5. Anthus cervinus, Pall.
  6. Euspiza melanocephala, Bp.
  7. Eudromas morinellus, Boje.
  8. Limicola pygmœa, Koch.
  9. Pedidna maritima, Bp.
  10. Totanus stagnatilis, Bechst.
  11. Hydrochelidon leucoptera, Boje.
  12. Larus marinus, L.
  13. Chroicocephalus melanocephalus, (Natter).
  14. Rissa tridactyla, Leach.
  15. Fuligula marila, Steph.

Le specie della 2a serie cioè quelle errate e mal determinate dal Cara sono le seguenti:

  1. Vultur Kolbii, Daud. invece di Gyps occidentalis, Bp.
  2. Gypaetus barbatus, Cuv. invece di Gypaetus occidentalis, Schleg.

Le specie della 3a serie cioè quelle annoverate dal Cara, ma non esistenti in Sardegna, e però escluse da me, sono:

  1. Vultur auricularis, Daud.
  2. Gyps fulvus, Bp.
  3. Falco imperialis, Temm.
  4. Alauda cristata, L.
  5. Emberiza citrinella, L.
  6. Fringilla citrinellla, L.
  7. Ardea egrettoides, Temm.
  8. Limosa rufa, Br.
  9. Sterna dougalli, Mont.
  10. Larus glaucus, Brunn.
  11. Larus capistratus, Temm.
  12. Larus atricilla, L.

Infine la 4a serie comprende le specie non descrìtte dal Cara, ma esistenti in Sardegna, e però da me aggiunte in questo Catalogo, e sono:

  1. Phyllopneuste trochilus, Meyer.
  2. Calamodyta melanopogon, Bp.
  3. Lusciniopsis luscinioides, Bl.
  4. Chalamoherpe arundinacea, Boje.
  5. Budytes flavus, Bp.
  6. Fulica cristata, Gm.
  7. Machetes pugnax, Cuv.
  8. Pelidna temminckii, Cuv.
  9. Buphus bubulcus, Bp.
  10. Phoenicopterus erythrœus, Verreaux.
  11. Sterna anglica, Mont.
  12. Oceanites oceanica, K. et Bl.
  13. Colymbus glacialis, L.
  14. Fratercula glacialis, Schleg.
  15. Podiceps longirostris, Bp.

La cosa più singolare di quesla serie è il trovarvisi inclusa l'Oceanites oceanica, che ora per la prima volta viene annoverava tra le speciìe trovate entro i confini italiani, mentre è specie americana, ed accidentalmente trovata finora solo in Inghilterra.

Da quest'analisi è manifesto quanto inesattamente l'Ornitologia del Cara ci dia conto dell'Avifauna di Sardegna, e ciò si renderà anche più palese nel Corso del mio Catalogo, dove io ho dovuto rettificare numerosi errori in cui egli era incorso. Forse potrà sembrare a taluno che io anche troppo mi sia occupato nel rilevare gli errori del Cara, e che io avrei dovuto notare ciò che io aveva osservato, senta curarmi di altro, ma io ho cosi fatto, perché, essendo l'opera del Cara la sola che si avesse finora, e che sola si poteva consultare da quelli che volevano conoscere l'Ornitologia Sarda, poteva sembrare che io avessi trascurato di verificare le sue asserzioni, e specialmente quante volte le mie osservazioni erano contradittorie alle sue. Anche con ciò io non pretendo di aver fatto una cosa completa e perfetta, e certo, per la brevità del tempo che io ho speso in Sardegna, di alcune specie mi sono sfuggite interessanti particolarità riguardanti i costumi e la nidificazione, ed altre specie saranno forse da aggiungere, giacché non sono lontano dal credere che si trovino in Sardegna e qualche Hypolais, e qualche altra specie della stessa sezione Calamoherpinæ, e qualche altro Budytes, ed altre specie ancora.

Mi giova avvertire che io non pretendo di fare un lavoro metodico, ma solamente un catalogo, che valga a far conoscere le specie stazionarie o di passaggio regolare in Sardegna, come pure quelle che accidentalmente vi sono capitale. Ond' è che io non potrò ingolfarmi nel laberinto della sinonimia, e quindi io mi limiterò a riferire il nome recato da Bonaparte nella Fauna Italica e quello dato dal Savi nella Ornitologia Toscana, che sono certamente le due opere maggiori intorno agli uccelli italiani. Siccome poi l'opera del cav. Cara tratta esclusivamente delle specie sarde, perciò noterò sempre il nome specifico recato da lui. Ho notato i nomi sardi quali sono indicati in quest'ultima epera, pochi aggiungendone o variando. Infine ho apposto il nome italiano.

Avrei forse dovuto notare certe inesattezze di nomenclatura che s'incontrano in tutte tre quelle opere, e singolarmente in quella del Cara, ma, oltre che questo sarebbe stato ufficio tedioso, ho stimate fosse cosa superflua per il mio scopo, mentre a me bastava che ognuna delle specie da me annoverate si potesse riferire con certezza alle corrispondenti del Bonaparte, del Savi e del Cara.

Infine io debbo dire qualche parola interno alla nomenclatura da me adottata, la quale talora si allontana da quelle più comunemente in uso.

lo mi sono stabilito la legge che il nome specifico primo ad essere imposto ad una specie debba essere religiosamente conservato, a meno che non si tratti di una suprema necessità, una delle quali sarebbe quella di due specie che, riunite in uno stesso genere, venissero ad avere lo stesso nome specifico. Questo mi è sembrato sempre uno dei mezzi per non aumentare la inestricabile confusione che s'è introdotta nella sinonimia. Il mio maestro prof. Paolo Savi, che per ragione di onore qui nomino, cosi si esprimeva nell' Introduzione alla Ornitologia Toscana, a pag. 34. « Debbonsi adunque considerare i nomi come sacrosanti, e nessuna causa si deve credere capace ad autorizzare a cambiarli; il primo che a quella tale specie fu dato è il suo vero, è quello che devesi costantemente e scrupolosamente mantenere, e, se questa specie per i progressi della scienza converrà porla in altro genere, sara allora permesso cambiare il nome generico, dovendo bensì rimanere immutabile lo specifico ». Guidalo da questo principio, a me è sembrato cbe nessuno meglio vi si conformasse del prof. Blasius, nel suo recente Catalogo degli uccelli d'Europa (A list of the Birds of Europe, by prof. I. H. BLASIUS, reprinted from the German, with the author's corrections. Norvich: Matchcett and Stevenson, 1862). È vero che per seguire scrupolosamente quella legge, egli s' è trovato talora costretto a creare alcuni nuovi nomi generici, ma mi sembra che questo sia stato necessario e giusto. Necessario per il nome generico, giusto per il nome specifico primo, che veniva cosi restituito a quella specie.

So che di questa opinione non sono i più dei naturalisti attualmente, ma l'autorità del Savi e del Blasius mi salverà dall'accusa di novatore pericoloso, tanto più che quasi fedelmente io ho seguito questo secondo, e solo una volta mi sono permesso di creare un nuovo nome generico quello cioè di Lambruschinia, Salv. per il Larus gelastes, Licht., ed a suo luogo ne ho esposte le ragioni.

Come per la nomenclatura, così per l'ordine di successione delle apecie mi nono raramente allontanato da quello tenuto dal Blasius nella sua lista suddetta.

Par tal modo io spero di aver fatto cosa non indegna dell'attenzione degli ornitologi, singolarmente italiani; e io sarò lieto se avrò potuto contribuire a far meglio conoscere in qualche parte l'Ornitologia Italiana, od almeno ripeterò col Poeta:

Vagliami il lungo studio e il grande amore.

31 dicembre 1863.


(*) TOMMASO SALVADORI - NOTE BIOGRAFICHE di Pietro Passerin d'Entrèves, Antonio Rolando & Carlo Violani,  in: Comune di Fermo, La Collezione ornitologica di Tommaso Salvadori - Catalogo - A cura di: Carlo Violani, Gianna Zanazzo e Massimo Pandolfi, Centro stampa Comune di Fermo, 1977

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