2^ Tappa
• Monte Urtigu (1050 m)
• Elighes Uttioso. (950 m)
• Monte Pertosu (986 m)
• Nuraghe Ruiu (774 m)
Tempo di percorrenza: ore 5 circa
Riprendiamo il cammino rincuorati e rifocillati, quella salita ci aveva affaticato. La destinazione è Elighes Utttiosos (lecci gocciolanti). La camionabile che vi ci conduce è all'interno dell'area gestita dall'Azienda Autonoma Foreste Demaniali della Sardegna. A destra e sinistra i recinti di ripopolamento. Siamo fortunati, riusciamo a vedere e a fotografare con l'aiuto della nostra guida un branco di mufloni. Più avanti troviamo la voliera dei grifoni con qualche esemplare che necessita di cure per tornare a volare alto sui cieli tra il Montiferru e le alture di Bosa. Ci prendiamo la grande soddisfazione di risalire il Monte Urtigu e in cima alla punta Su Mullone troviamo il punto trigonometrico lasciato dal Della Marmora il secolo scorso. Non ci attardiamo oltre e riscendiamo per proseguire il cammino verso Elighes Uttiosos.
Intorno a noi un paesaggio lunare, privo di vegetazione, le punte, i picchi, le guglie creano prospettive affascinanti. Siamo in tanti, eppure camminiamo in silenzio spaziando con lo sguardo e osservando divertiti le acrobazie di due corvi imperiali che si rincorrono.
Verso le 13 giungiamo a Elighes Uttiosos. Qui faremo la sosta per il pranzo. E una sorgente caratteristica e molto frequentata d'estate. L'acqua è freschissima e sgorga dalle radici di alcuni lecci. Il panorama che si apre a occidente è stupendo: impervi canaloni coperti di fitta vegetazione e più lontano il mare. Ci sediamo e mangiamo con buon appetito: ottimo il formaggio a treccia che una mamma ha preparato; lo facciamo assaggiare ai nostri accompagnatori che dimostrano di gradirlo molto, ed è ben presto terminato!
Dopo circa un'ora riprendiamo il cammino verso Nuraghe Ruiu. La prima parte del percorso è in pianura. A destra e a sinistra i rimboschimenti curati dall'Azienda Foreste Demaniali della Sardegna. Di fronte a noi il tozzo rilievo di Monte Pertosu (986 m). Un gruppo di nostri compagni velocemente raggiunge la sommità: un allevatore della zona ci ha detto, infatti, che in cima vi sono dei resti archeologici. Ed è proprio così: una serie di conci squadrati delimitano con molta probabilità un eremo dei Camaldolesi; Monte Pertosu, infatti, viene anche chiamato "Sa Rocca 'e su para", la rocca del frate, e tale toponimo è molto esplicito sull'origine di tali resti.
I nostri compagni ci raggiungono e proseguiamo il cammino. C'è ancora molto da vedere prima di giungere a destinazione. La zona è ricchissima di fauna, i divieti di caccia sono dappertutto e la selvaggina vi trova un rifugio sicuro. Superato un cancello, siamo sulla strada consortile che dovrebbe collegare, una volta ultimata, Santu Lussurgiu a Santa Caterina di Pittinuri. Sulla nostra destra Punta Bausinari (853 m) e di fronte a noi il recinto di ambientamento dei cervi, da qualche anno reintrodotti sul Montiferru. Anche qui la fortuna ci assiste: grazie al nostro amico Giovanni Sechi riusciamo ad avvistarne alcuni e a fotografarli. Sono bellissimi, molti di noi avevano visto il cervo solo sulle riviste o in qualche libro di scienze. Dal vivo sono un'altra cosa! Ci osservano incuriositi, attenti ad ogni nostro movimento e pronti alla fuga.
Andiamo dritti, aggirando il recinto che lasciamo sulla nostra destra. Costeggiamo alcuni casolari e alcuni cavalli si avvicinano al muretto a secco che delimita il sentiero: forse sono in attesa del padrone e del pasto quotidiano. Oltre i casolari il percorso è in discesa e molto accidentato. Il sole penetra a fatica le fitte chiome dei lecci e delle querce, e qualche radura colorata di ciclamini e margheritine.
Siamo vicini a Nuraghe Ruiu e al rifugio che il Prof. Sebastiano Uras, sindaco di Seneghe ci ha messo a disposizione per trascorrere la notte. Un nostro compagno che ci aveva preceduti ci raggiunge per avvertirci di raccogliere legna per il fuoco.
Arriviamo al rifugio; il posto è incantevole e attrezzato dell'essenziale: tre ambienti, due camini e sul parco una fontana gorgogliante. Abbiamo tutto il tempo per prepararci il giaciglio: sacchi a pelo e materassini gonfiabili per tutti. Una grande emozione e tanta puzza di naftalina! Intanto alcuni insegnanti con l'aiuto di alcuni di noi accendono il fuoco e, meraviglia delle meraviglie, due invitanti maialini iniziano ad arrostire.
Alcune compagne lavano le verdure, altri si allontanano per recuperare dei ramoscelli di mirto (Sa murta), che dà un aroma incomparabile alla carne di porcetto. Controlliamo le nostre torce e visitiamo la grande mole di Nuraghe Ruiu. E imponente ed al suo interno vi è un camminamento per raggiungere la sommità che purtroppo in alcuni punti è crollata. La nostra cena è quasi pronta, aspettiamo però gli ospiti che non tardano ad arrivare. Finalmente giugono alcuni nostri genitori che avevano promesso di farci visita e subito si danno da fare e collaborano attivamente per completare la cottura dei porcetti e per sporzionarli su grossi contenitori di sughero (Sas trubias). Hanno con loro anche del buon vino e una meravigliosa torta per il fine pasto. Iniziamo a mangiare con gusto: la carne di porcetto aromatizzata col mirto e arrostita al fuoco di legna è veramente eccezionale. Dopo cena salutiamo i nostri genitori che stranamente non ci fanno raccomandazioni. Hanno constatato che ce la caviamo bene anche da soli!